5 febbraio 2013
Di fronte alla separazione nei genitori sorgono spontaneamente domande, dubbi, perplessità. Tra le più frequenti…
Come dico a mio figlio che ci stiamo separando? Chi glielo deve dire?
Come la prenderà? Come la prenderanno i nonni?
Ho un nuovo compagno (o compagna). Quando posso presentarlo a mio figlio?
Dobbiamo informare la scuola?
Ce la metto tutta ma… ci ha già visti litigare. Cosa possiamo fare? Come lo rassicuriamo?
Nonostante siamo già separati continuiamo a litigare come prima…come lo teniamo al riparo?
Come faccio a far sentire sua anche la casa di papà (o della mamma)? Spostarsi continuamente da una casa all’altra non sarà troppo pesante per lui?
Non gli mancherò troppo quando sarà con la mamma/con il papà?
Proviamo a dare qualche risposta:
Come dico a mio figlio che ci stiamo separando? Chi glielo deve dire? La comunicazione circa la decisione dei genitori di separarsi è un momento importante, perché segna un cambiamento nell’assetto della famiglia e perché, comunicandola, i genitori rendono effettiva questa scelta. Ai figli vorrebbe comunicata con chiarezza, in termini comprensibili relativamente alla loro età e possibilmente insieme. Per i figli si rivela più dannoso permanere in uno stato di incertezza, confusione o ambiguità in considerazione anche del fatto che i bambini/ragazzi sono sempre particolarmente attenti a cogliere gli stati emotivi degli adulti di riferimento.
Nel rispetto dei bisogni di bambini e ragazzi e della loro sensibilità è assolutamente da evitare che diventino i custodi dei segreti di mamma o papà (ad esempio rispetto a nuove relazioni affettive in cui i genitori possono essere coinvolti).
A questo proposito, è buona norma separare gli aspetti che attengono alla propria vita personale dai compiti più propriamente genitoriali.
Come la prenderà? Le reazioni emotive possono essere le più diverse. Dalla rabbia al pianto (che può essere manifestazione di rabbia appunto e non sempre di tristezza), alla paura per l’incertezza sul chi si prenderà cura di lui. Non di rado i figli si chiudono nel silenzio, che può rappresentare una strategia per affrontare ed elaborare la novità oppure può essere il silenzio di chi acconsente e finalmente intravede una tregua ai litigi.
A volte possono comparire comportamenti strani, anomali che si risolvono spontaneamente se gli adulti di riferimento (genitori,nonni,educatori) aiutano i bambini/ragazzi ad accettare la situazione e soprattutto se la conflittualità tra i genitori si risolve. Le evidenze scientifiche riportano che con il passare del tempo (due anni circa senza l’intervento di eventi avversi) la maggior parte dei minori riacquista un equilibrio interiore, adattandosi alla nuova situazione familiare sperimentando, con rinnovata fiducia, sentimenti di conferma e di accoglimento affettivo.
Ho un nuovo compagno (o compagna). Quando posso presentarlo a mio figlio?
I bambini/ragazzi hanno bisogno di tempo per elaborare i cambiamenti, perciò è opportuno lasciare trascorrere u intervallo di tempo ragionevole prima di introdurre ai figli i nuovi partner. Questa “novità”, infatti, non dovrebbe essere comunicata nelle prime fasi del processo separativo.
Dobbiamo informare la scuola? Quando?
Gli insegnanti andrebbero tempestivamente informati dei cambiamenti in atto nella famiglia.
E’ possibile che soprattutto nelle fase di definizione della separazione, che è il momento più incerto di tutto il processo, i bambini /ragazzi manifestino a scuola difficoltà comportamentali e un calo nel rendimento. Solitamente, una volta definita la separazione, ma soprattutto quando rientra la conflittualità, anche il disagio in ambito scolastico tende a rientrare.
E’ comunque importante, per quanto possibile, comunicare costantemente con gli insegnanti in quanto l’osservazione dei bambini/ragazzi in un contesto diverso da quello familiare può fornire informazioni indicative del grado di adattamento dei figli alla nuova situazione. Non sottovalutare le osservazioni degli insegnanti soprattutto nei casi in cui le difficoltà manifestate non rientrino. Eventualmente possiamo rivolgersi ad un esperto (psicologo) che ci aiuti a capire cosa sta vivendo il bambino/ragazzo in questo momento.
Ce la metto tutta ma… ci ha già visti litigare. Cosa possiamo fare? Come lo rassicuriamo? Il conflitto è parte della vita e i bambini. Fin da piccoli lo sperimentano in contesti anche diversi dalla famiglia, come la scuola, lo sport, in Tv ecc. Generalmente sono ricondotti dagli adulti a fare pace, ad appianare i dissidi ed è possibile, quindi, che non riescano a capacitarsi dell’impossibilità dei genitori a superare le divergenze. Naturalmente è bene tenere i figli al riparo dalla conflittualità anche nei difficili momenti in cui sta maturando la decisione di separarsi perché possono sentirsi minacciati nelle sicurezze di base o ancor più possono sentirsi responsabili di ciò che sta accadendo, dunque in colpa.
Nonostante siamo già separati continuiamo a litigare come prima… come lo teniamo al riparo? A volte, malgrado tutto, il conflitto continua come prima e più di prima nonostante la separazione. Nei casi in cui la comunicazione tra ex coniugi sia particolarmente disfunzionale anche i figli tendono ad essere coinvolti assumendo il ruolo di messaggeri delle informazioni che padre e madre non riescono a scambiarsi personalmente. Allora c’è chi chiede con tutta la sua forza ai genitori “non mettetemi in mezzo come messaggero tra di voi, provate a parlarvi direttamente…” o ancora “non continuate a parlare male l’uno dell’altra, per me è troppo doloroso io mi sento morire dentro”. Più spesso questo tipo di sofferenza che coinvolge i figli passa inosservata: agli occhi degli adulti sembra normale che i figli svolgano il ruolo di “facilitatori” della comunicazione tra madre e padre. In realtà questa modalità relazionale li distoglie dai loro compiti evolutivi, dalla loro vita, dai loro progetti, in una parola dalla loro soggettività.
Nei casi in cui, nonostante la separazione il conflitto perduri, è bene chiedere aiuto a professionisti esperti, preparati sia in ambito psicologico che legale (Psicologi ed Avvocati).
Come faccio a far sentire sua anche la nuova casa? Un oggetto (giocattolo o altro) particolarmente significativo per il bambino aiuta a vivere più serenamente il passaggio da una casa all’altra. Così come il fatto che anche l’altro genitore abbia conosciuto la nuova abitazione, che per il bambino rappresenta l’altra “metà” del suo mondo affettivo. La possibilità di ricevere l’altro genitore in questa nuova casa (seppur in via straordinaria rispetto agli accordi consueti sui tempi di visita), rappresenta per i figli un motivo in più per sentire la nuova abitazione un luogo familiare.
Spostarsi continuamente da una casa all’altra non sarà troppo pesante per lui? Il pernottamento nell’altra casa lo turberà?
In genere i bambini si abituano agli spostamenti senza troppe difficoltà, ma non bisogna sottovalutare tutte le energie spese nei passaggi. Dai due anni in poi, tradizionalmente, si considera il bambino sufficientemente individuato dalla figura di attaccamento primaria (solitamente la madre) da poter dormire senza di lei ma comunque con l’altro genitore che solitamente rappresenta una figura familiare rassicuranti. Gli eventuali segni di disagio non vanno mai sottovalutati e, in casi particolari, è opportuno rivolgersi allo psicologo per capire le modalità più idonee per facilitare il sonno e i normali ritmi di vita quotidiani.
Non gli mancherò troppo quando sarà con la mamma/con il papà?
La nuova configurazione familiare in cui mamma e papà non sono contemporaneamente presenti inizialmente può portare nei figli sentimenti di nostalgia verso il genitore assente. Queste emozioni, generalmente, tendono a dissolversi spontaneamente man mano che i bambini/ragazzi si adattano alla nuova situazione.
Va ricordato che è un diritto dei figli ricevere una telefonata quotidiana del genitore che non è presente in quel momento. Per i figli è importante anche che i genitori, sebbene separati, manifestino attenzione ed interesse quotidiani per la loro vita scolastica, per le loro amicizie e per le loro attività sportive.
Inoltre, perché i figli percepiscano continuità nei legami è essenziale porre attenzione agli scambi comunicativi tra madre e padre nei passaggi da una casa all’altra. I figli osservano come il genitore li riconsegna all’altro, se dice qualcosa, cosa dice e come lo dice… Le “malinconie” diminuiscono se si sperimenta la separazione in un contesto sicuro.
Come la prenderanno i nonni? Anche su questo punto non esiste un’unica risposta, in quanto le prime reazioni sono estremamente diverse da caso a caso e dipendono da variabili quali la storia del nucleo familiare (che può aver già sperimentato eventi separativi o no), il tipo di attaccamento con il figlio o la figlia che si sta separando dal coniuge, il grado di autonomia o dipendenza del figlio rispetto ai genitori, l’ordine di genitura dello stesso (cioè la sua posizione tra i fratelli se ne ha) ecc.
Il tipo di attaccamento ai nipoti e il significato che la nascita del nipote ha rappresentato per i nonni sono fattori determinanti per comprendere il grado di coinvolgimento degli stessi nella vicenda. E’ comunque importante sottolineare che la Legge n. 54/2006 (legge sull’affidamento congiunto) ha ribadito il diritto dei minori a mantenere rapporti continuativi con gli ascendenti e con i cugini, gli zii e i parenti in genere dei rispettivi rami familiari.
A cosa mi serve un avvocato in fase di separazione?
Sia che si tratti della fine di un matrimonio, che di una convivenza è sempre opportuno conoscere i propri diritti/doveri in ambito giuridico prima di prendere la decisione di separarsi. È per questo che può essere utile chiedere una consulenza legale per affrontare questo evento con il maggior numero di chiarezze possibili su questioni quali l’assegnazione della casa, l’affido dei figli, l’assegno di mantenimento.
E per finire…
La separazione può essere sperimentata n un’ ottica più evolutiva se è vissuta non soltanto come la fine di un legame, ma anche come l’inizio di una nuova fase della vita. Di lì in poi si lavorerà tutti insieme per trovare un nuovo equilibrio familiare e per ri-progettare un modo nuovo di stare insieme pur se in case diverse e in futuro, in alcuni casi, anche con partners diversi.
Beatrice Chittolini, Emanuela Manara, Cristina Piazza
Gruppo di Psicologia Giuridico/Forense O.P.P.
Parma, 5 febbraio 2013